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Home IUSVEducation #05

Professioni di aiuto. Come accostarsi e come proteggersi

Chi segue oggi una propensione verso una professione di aiuto, che potremo anche dire ‘chiamata’ verso la carriera di psicoterapeuta, se giovane soprattutto, stenta a trovare il suo cammino, perché è figlio del suo tempo, e proviene da una società ‘liquida’, da una società familiare che non può più venir valutata con gli schemi del passato. La famiglia non ha più i ‘confini classici’, né ha più la solidità che avevano le famiglie nel periodo in cui l’avvenire dei figli veniva lungamente discusso, e la professione veniva valutata in famiglia alla fine della scuola superiore, mentre la società la rispecchiava con corsi di laurea adeguati. Oggi la situazione esistenziale (o storica) di ognuno, diversa a seconda delle diverse età in cui si realizza questo desiderio di lavorare per gli altri, è la base di partenza per la valutazione di ogni approccio formativo.

IUSVEducation di IUSVEducation
01/07/2015
in IUSVEducation #05
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Professioni di aiuto. Come accostarsi e come proteggersi

Titolo: Professioni di aiuto. Come accostarsi e come proteggersi
Tipo di pubblicazione: articolo
Anno di pubblicazione: 2015
Autore: Umberto Fontana
Rivista: IUSVEducation #05
Pagine: 66-87
Data di pubblicazione: luglio 2015
Editore: IUSVE – Istituto Universitario Salesiano
ISSN: 2283-334X

Come citare: Fontana, U. (2015). Professioni di aiuto. Come accostarsi e come proteggersi. IUSVEducation, 5, 66-87. https://www.iusveducation.it/professioni-di-aiuto-come-accostarsi-e-come-proteggersi/

Parole chiave: : professione di aiuto, burn out, consulenza, motivazione, inquinamento psicologico

Paper PDF: IUSVEducation_05_Fontana_PROFESSIONI_DI_AIUTO.pdf


Abstract:

L’articolo è una riflessione fatta da uno psicoanalista che ha alle spalle una lunga esperienza con persone che sono andate incontro al così detto burn out (la posizione di ‘non poterne più’), di chi ha abusato delle proprie energie e si è caricato delle problematiche di coloro che avrebbe dovuto invece ‘aiutare’. In termini psicoanalitici si parlerebbe di collusione, ma in termini esistenziali si deve parlare di fallimento, di blocco, di perdita di identità e di ciò che segna i confini tra normalità e patologia. La professione di aiuto (almeno quella dei livelli più bassi) è oggi assai richiesta dal sociale: offre possibilità di lavoro, dà una certa retribuzione, viene gestita da Enti riconosciuti, ma dà una preparazione affrettata e molto spesso non ‘sostiene’ spiritualmente chi lavora. L’autore si chiede se tutti possano fare una professione tanto esposta al contagio come sono oggi le professioni di aiuto. Non tutti sarebbero adatti, anche se tutti in qualche modo vi si adattano. La motivazione a seguire una spinta interiore (una vocation) per aiutare gli altri non è spesso spuria o non sufficiente: bisogna anche aver raggiunto una struttura di personalità abbastanza equilibrata per poter ‘reggere’, e avere una vita privata che gratifichi e possa sostenere il processo di crescita continuo che porta la persona dell’operatore sociale (come ogni altra persona) verso una sua completezza durante tutto il cammino della vita. Chi, in qualità di consulente, indirizza (consiglia o introduce) verso queste professioni persone giovani appena laureate, o giovani diplomati che vogliono entrare ‘presto’ nel lavoro sociale, deve esplorare attentamente le motivazioni che spingono verso questa professionalità, e deve considerare la struttura di personalità, e la possibilità che ognuno deve avere per proteggersi da ogni inquinamento psicologico.

 

 

 

 

Keywords: professional help, burn out, counselling, motivation, psychological involution

Abstract:

This article presents the consideration of a psychoanalyst ho has a long experience with people who have experienced the so-called “burn out” (the “can’t take it anymore” position), who have misused their energies and loaded themselves with problems of those they should have ‘helped’. In psychoanalytic terms, it would be talking of collusion, but in existential terms we must speak of failure, blocking, loss of identity and what marks the boundaries between normality and pathology. Professional help (at least at lower levels) is now very much in demand by social services: it offers job opportunities, provides quite good retribution, it is managed by recognized Bodies and Organizations, but it gives a hasty preparation and very often not spiritually ‘support’ those who work in this field . The author wonders if anyone can practice a profession so delicate and vulnerable as helping professions are today. Not everyone would be suitable, although all somehow adapt to it. The motivation to follow an inner urge (a vocation) to help others is often spurious or not sufficient enough: we must also have achieved a fairly balanced personality structure to be able to ‘hold’, and have a private life that gratifies and can support the process of continuous growth that leads the social worker (as any other person) to its completeness throughout the journey of life. He who, as a consultant, directs (or recommends or introduces) young graduated people, or young undergraduates who want to enter ‘soon’ in social work, into these professions, has to carefully explore their motivations and must consider the personality structure, and the possibility that everyone should have to protect themselves from any psychological regression. 

 

Tags: burn outconsulenzacounsellinginquinamento psicologicomotivationmotivazioneprofessional helpprofessione di aiutopsychological involution
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