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Home IUSVEducation #01

Prima di ogni schermo

Talvolta ci sono dettagli su cui vale la pena di soffremarsi, perché danno la possibilità di vedere in modo più nitido l’insieme. La questione da cui parto è molto semplice: scuole sempre più degradate, perché abitate da un gran numero di insegnanti sempre meno motivati, che lavorano in classi sempre più numerose e sono guidate da scelte politiche che negli ultimi anni hanno messo l’educazione all’ultimo posto, vengono piano piano riempite di strumenti tecnologici su cui si è ragionato e si sta ragionando assai poco.

IUSVEducation di IUSVEducation
01/07/2013
in IUSVEducation #01
A A
Workshop

Titolo: Prima di ogni schermo
Tipo di pubblicazione: articolo
Anno di pubblicazione: 2013 
Autore: Franco Lorenzoni
Rivista: IUSVEducation #01
Pagine: 46-52
Data di pubblicazione: luglio 2013 
Editore: IUSVE – Istituto Universitario Salesiano
ISSN: 2283-334X

Come citare: Lorenzoni, F. (2013). Prima di ogni schermo. IUSVEducation, 1, 46-52. https://www.iusveducation.it/prima-di-ogni-schermo/

 

Paper PDF: IUSVEducation_01_Lorenzoni_PRIMA_DI_OGNI_SCHERMO.pdf


 

Abstract:

Il contributo (testimonianza più che decennale di un maestro elementare) vuole esprimere cautela nei confronti dell’uso delle tecnologie a scuola.

Non sembrano esserci dati sufficienti che autorizzino a parlare di nuove intelligenze e il nominare la mutazione antropologica di cui sarebbero protagonisti (o vittime) i nati del nuovo millennio. Più che essere oggetto di studi e ragionamenti approfonditi, questo stato di cose sembra coprire l’ignavia con cui gli adulti accolgono, accettano e volentieri soccombono di fronte a giochi e giochetti che da tempo invadono ogni momento della nostra vita.

Verso l’invasione tecnologica del tempo e degli spazi dei bambini si dovrebbe adottare un principio di precauzione e porsi domande di fondo.

I bambini hanno bisogno di incontrare persone vive, curiose, attente, capaci di porre domande eprovocare discussioni, capaci di sapere attendere e stupirsi di fronte alle scoperte e alle intuizioni di cui sono capaci i più piccoli. Capaci di collegamenti arditi, non ipertestuali ma ipercorporali, perché mai come oggi va ripresa, intensificata e approfondita l’indicazione (intorno a cui in tanti hanno cominciato a lavorare anni fa) che incitava ad andare a scuola con il corpo!

Nella costruzione del pensiero, cruciale nella prima infanzia, è soprattutto nel colloquio e nell’ascolto reciproco che ciascuno, piano piano, costruisce la fiducia in se stesso e incontra quella sua personale qualità che sta nel riconoscere dignità al proprio ragionare. In questo processo, spesso difficile e a volte faticoso, il colloquio e l’oralità reciproca svolgono un ruolo fondamentale, a cui la scuola dovrebbe dare il massimo spazio. Si può allora pensare che la profonda innovazione, di cui ha straordinario bisogno la scuola, passi in modo prioritario attraverso una rivoluzione tecnologica dell’insegnamento?

È possibile ritrovare e far vivere nel quotidiano scolastico lo stupore della scoperta? A volte ci si riesce: e questo è il frutto della presenza dell’educatore.

 

 

 

 

Abstract:

The contribution ( taken from over a decade of primary school teaching experience ) intends to express caution against the use of technology at school.

There seems to be insufficient data to permit talk about new intelligences and appoint the anthropological mutation of which those born in the new millennium would be heroes (or victims). More than being the subject of extensive studies and reasoning, this state of affairs seems to cover the sloth with which adults welcome, accept and willingly succumb to in the face of games and gamelike activities which have long invaded every moment of our lives.

Towards the technological invasion of the time and space of children one should adopt a precautionary principle and ask basic questions.

Children need to meet alive, curious, attentive people, who are able to ask questions and provoke discussion, capable of knowing how to wait and be amazed by the discoveries and insights of which even the youngest are capable. They need to be capable of daring connections, not hypertextual but hypercorporal, because today more than ever we must uphold, intensify and deepen the indication (around which so many began to work years ago) which incited children to go to school with the body!

In the construction of thought, which is crucial in early childhood, it is mainly in the speaking and listening to each other that each child, slowly builds confidence in one’s self and one’s personal quality that lies in recognizing dignity in one’s own reasoning. In this process, often difficult and sometimes exhausting, the speaking and reciprocal orality play a vital role, to which the school should give the maximum space. You may then think, should the profound innovation, which is extraordinarily needed by the school, occur as a priority through a technological revolution of teaching?

Can one find and bring to life in the daily school the wonder of discovery? Sometimes we succeed, and this is the result of the presence of the educator.

 

 

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