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Home IUSVEducation #21

Editoriale #21

Alla fine del capitolo quarto della Laudato si’, chiedendosi che tipo di mondo vogliamo trasmettere ai posteri, Papa Francesco afferma che «non si può porre la questione in maniera parziale» (Laudato si’, 160). Superare la parzialità significa scegliere la cifra della “integralità”: affidarsi a un’epistemologia della complessità, secondo il principio, più volte ripetuto nell’Enciclica, del «tutto è connesso» (LS, 11, 141), e a categorie che «ci collegano con l’essenza dell’umano» (LS, 11).

IUSVEducation di IUSVEducation
26/04/2023
in IUSVEducation #21
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Editoriale #21

Titolo: Editoriale Tipo di pubblicazione: articolo Anno di pubblicazione: 2023 Autore: Michele Marchetto Rivista: IUSVEducation #21 Pagine: 4-7 Data di pubblicazione: aprile 2023 Editore: IUSVE – Istituto Universitario Salesiano ISSN: 2283-642X Come citare: Marchetto, M. (2023). Editoriale. IUSVEducation, 21, 4-7. https://www.iusveducation.it/editoriale-21/ Paper PDF: IUSVEducation_21_Marchetto_EDITORIALE.pdf

Editoriale

Questo numero di IUSVEducation conclude la serie di interventi attinenti al Progetto Iusve “Ecologia integrale e nuovi stili di vita”, per seguire, con il prossimo, la trasformazione del “Progetto” in “Paradigma”. Se ne tratterà diffusamente nel numero di ottobre. Uno dei fili conduttori del percorso compiuto fin qui, che farà da ponte a quello che inizierà il prossimo anno accademico, sarà certamente la questione del senso. Alla fine del capitolo quarto della Laudato si’, chiedendosi che tipo di mondo vogliamo trasmettere ai posteri, Papa Francesco afferma che «non si può porre la questione in maniera parziale» (Laudato si’, 160). Superare la parzialità significa scegliere la cifra della “integralità”: affidarsi a un’epistemologia della complessità, secondo il principio, più volte ripetuto nell’Enciclica, del «tutto è connesso» (LS, 11, 141), e a categorie che «ci collegano con l’essenza dell’umano» (LS, 11). In questo modo quella che è una indicazione epistemologia viene associata a una visione antropologica (Marchetto 2021 e 2023; Lintner, Mantovani 2021): non si può prescindere dall’umanità: «Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia» (LS, 118). Il che implica interrogarsi sull’«orientamento generale», sul «senso» e sui «valori» del mondo che vogliamo lasciare (LS, 160). L’orizzonte della riflessione si amplia perciò oltre la parzialità del nostro essere qui e ora, contingente ed effimero, confinato al presente, per aprire l’esistenza a tre «relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra», relazioni interrotte «dentro di noi» a causa della nostra pretesa di sostituirci a Dio, «rifiutando di riconoscerci come creature limitate» (LS, 66). Ristabilirle significa ricondurre l’essere umano entro i termini dell’umile coscienza della propria relatività rispetto a quelle trascendenze, in particolare a quella di Dio, con la quale l’identità personale di ciascuno di noi può entrare in dialogo. In questo contesto l’interrogativo sull’orientamento generale, sul senso e sui valori del mondo presente e futuro, e sul «significato del nostro passaggio su questa terra», si costituisce come la «domanda di fondo» (LS, 160), la domanda sul fondamento, radicale e profondissima: perché l’essere e non il nulla? Da essa, la più vasta, la più profonda, la più originale, dipendono tutte le altre domande, sia quelle sul fine di ogni cosa sia quelle orientate all’utile più che al bene, alle quali rispondono la scienza e la tecnica: ne ricevono il senso generale e la giusta collocazione. È quella che Papa Francesco chiama «l’inquietudine delle domande», il primo luogo in cui cercare Gesù, insieme al «rischio del cammino» e allo «stupore dell’adorazione» (Francesco 2023). Porsi la domanda fondamentale significa innanzitutto esercitare un pensare diverso da quello del paradigma tecnocratico dominante: nell’oggetto, che è il “senso”, e nel metodo, che è il meditare, non il calcolare. In secondo luogo, significa scoprire una “grammatica” fondata sull’apertura a ciò che per natura trascende l’orizzonte finito o, il che è lo stesso, si inabissa fino alla profondità più profonda. Cosicché ciò che abbiamo dinanzi non è un problema da risolvere, ma un mistero che ci interpella mettendo fuori gioco le categorie del pensare ordinario. Infine, significa cogliere da queste caratteristiche tutta una serie di implicazioni, a cominciare da quella antropologica. La domanda fondamentale, infatti, chiama in causa l’essenza dell’uomo nella misura in cui ciò che dischiude è il fondamento abissale dell’esistenza umana: è l’esistenza, in quanto provenienza-da e apertura-a-una-destinazione, a portare in sé la domanda fondamentale. Scoprirla comporta indagare se stessi, praticare il socratico “Conosci te stesso”, non secondo il metodo della psicologia descrittiva, ma seguendo la radicalità della Rückfrage fenomenologica, un procedere interrogativamente a ritroso fino alla «profondità più profonda» (Husserl 1939: 203-225; 1983: 380-405; 1994: 265), il che è anche una forma di trascendimento del limite oggettivo nel quale inevitabilmente incorriamo. Noi, gli esseri più fragili dell’universo che «un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per uccidere» (Pascal 2000: 153), e, nel contempo, la specie più tronfia, che si erge a dominatrice dell’universo. Eppure «non si può prescindere dall’umanità» (LS, 118): «Perché questa terra ha bisogno di noi?» (LS, 160). La domanda fondamentale scardina le categorie di pensiero dominanti: pensa il senso più che il significato, la trascendenza più che l’immanenza, il tutto più che le parti, il mistero più che il problema, l’intelligenza congiunta al sentimento; dà voce alla «capacità di stupore che conduce alla profondità della vita» (LS, 225). E tuttavia cogliere la sua forza dirompente non è né facile né immediato: è necessario il «coraggio» (LS, 160): per ascoltarla «in mezzo al rumore costante, alla distrazione permanente e ansiosa, o al culto dell’apparire» (LS, 225) e per «superare l’ansietà malata che ci rende superficiali, aggressivi e consumisti sfrenati» (LS, 226). È il coraggio della conversione che ci porta ad esaminare le nostre vite per trasformare il cuore (LS, 118): «Vivere la finitezza con l’esigenza del più alto, il che vuol dire anche del più profondo» (Chalier 2015: 11). Oggi, infatti, la domanda fondamentale è oscurata da una «fugacità che ci trascina in superficie in un’unica direzione. Diventa difficile fermarci per recuperare la profondità della vita» (LS, 113). Per il mondo determinato dal paradigma tecnocratico globalizzato «il progresso della scienza e della tecnica non equivale al progresso dell’umanità e della storia» (LS, 113). Il primato della realtà che ne deriva, dei dati empirici delle scienze positive o della cosiddetta “realtà virtuale” con tutta la sua problematicità ontologica prima ancora che etica, ha svuotato di idealità la vita in questo mondo: «La conversione alla realtà […] avviene al buio della coscienza assiologica» (De Monticelli 2015: 8). Primato del reale ed eclissi dell’ideale sono le due facce della stessa medaglia. L’ideale, in quanto rappresenta ciò che una cosa realizza al suo meglio, è il valore che trascende il reale. Non riconoscerlo significa arrestarsi al mero fatto, senza fare esperienza del valore o del disvalore che esso incarna: essere ciechi e muti su ciò che rende un fatto un bene o un male. Porsi la domanda fondamentale significa ridestare una coscienza assopita, atrofizzata e indifferente, che riguarda anche l’umano, nella misura in cui è incapace di riconoscere l’«in-umano» dentro l’umano (Revelli 2020). Le fotografie presentate nell’articolo di Milena Cordioli e Arianna Novaga “Physis e forme ecologiche delle immagini d’arte. In emergenza” possono certamente assolvere alla funzione di ridestare la coscienza, sia per la loro forza espressiva intrinseca sia per le storie dei soggetti e degli autori che raccontano. Così come può scuotere la coscienza soprattutto dei più giovani il denso contributo del politologo Carlo Galli, “La necessità della politica per le generazioni future”: Il senso profondo dell’Enciclica mi sembra questo: che grazie alla strumentazione tecnica di cui ci siamo dotati, possiamo fiorire, noi e la natura, se la politica, la libera e comune volontà degli uomini, accetta il dovere che le incombe, di adeguarsi alla necessità di avere cura non solo della vita fisica e della sua utilità (una finalità che si è rovesciata nel suo contrario) ma del mondo naturale, al quale non siamo contrapposti ma di cui facciamo parte […] ciò interpella le generazioni presenti e future, e le porta a interrogarsi su quale necessità della politica vogliano scegliere, cioè su quale sia la sfida a cui sentono di dovere rispondere, e quali apparati categoriali debbano criticare e quali potenziare. Fa appello all’etica la riflessione di Adriano Fabris, “RelAzione. Azione-relazione-li- bertà-responsabilità”: Se sono responsabile non solo riguardo alle mie azioni, ma anche nei confronti del complesso delle relazioni in cui sono inserito – sono responsabile del suo mantenimento, sviluppo, oppure degrado –, allora si comprende perché – al di là del mio effettivo potere, più o meno ampio, d’incidere su certe situazioni – non posso esimermi da esserne chiamato in causa. Anche così si riconferma il mio essere relazionale. Anche così diviene chiaro che l’etica si sviluppa nelle relazioni e a partire dalle relazioni. Anche così emerge insomma, con forza, il senso della nostra libertà. Uno scenario antropologico, etico e teologico in cui si possono collocare i temi affrontati da Fabris secondo la logica della integralità tipica dell’ecologia di Papa Francesco, è delineato da Maurizio Chiodi ne “Il dialogo delle culture e l’umanità comune”. Vi si dimostra che la relazione fra l’antropologico universale (l’umanità) e il particolare della cultura, «fondamentale sotto il profilo etico-antropologico, chiede di essere interpretata in una logica di circolarità ermeneutica, nella quale universale e particolare vengono pensati l’uno attraverso l’altro». È in questo contesto che si comprende l’opzione della fede rivelata. L’umano e il cristiano, infatti, coniugano in se stessi il nesso fra universale e particolare, nella misura in cui l’assolutezza di Dio si dà nella storia singolare di Gesù e l’universalità dell’umano nella concretezza particolare del vissuto. Nella fede si compie il rapporto tra universale e singolare, «secondo una virtuosa correlazione circolare: nell’esperienza umana, sempre singolare, si attesta una tensione all’universale e questo trova il suo compimento nella universale verità cristologica di Dio, che si dà nella storia singolare di Gesù di Nazareth». Concludono la parte relativa all’Ecologia integrale “L’agricoltura sociale come espressione di ecologia integrale” ed “Ecologia integrale e relazioni educative efficaci: traiettorie psicoeducative”, due contributi che si misurano con i principi dell’Enciclica di Papa Francesco prospettando un agire sul piano sociale e su quello educativo. Sul versante dell’educazione va letto anche l’articolo di Emanuele Balduzzi, “Un’analisi pedagogica dell’adolescenza alla luce dell’Opposizione polare di Romano Guardini”, autore spesso citato da Papa Francesco; mentre Natascia Micheli (“La scrittura iconografica. Un modello di esperienza in educazione”) sceglie l’esperienza artistica della scrittura iconografica come la possibilità di educare alla relazione di amicizia e al mistero della vita. Seguono tre articoli che declinano, pur da punti di vista diversi, il tema della sofferenza: quello formativo “Il Perturbante come dispositivo di formatività” di Carolina Scaglioso, quello etico e bioetico “Bioetica come cammino. Nuove parole o nuovi paradigmi?” di Giuseppe Bon, e quello filosofico l’analisi critica di Maria Valentini del saggio di Byung-Chul Han La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite. Infine lo studio di Eleonora Oggiano si propone di indagare il rapporto fra il mondo pubblicitario e quello letterario come luogo di confronto fra pratiche testuali e performative che dialogano fra loro e che coinvolgono la sperimentazione/transcreazione di linguaggi, facendo emergere il binomio intertestualità/interdisciplinarità come fulcro tematico e paradigma su cui modellare l’esperienza educativa. Come di consueto chiude questo numero la rubrica delle recensioni e delle segnalazioni di libri pubblicati in Italia e in Europa.       Chalier, C. (2015). Il desiderio di conversione. Rosenzweig, Bergson, Weil, Merton, Hillesum. Giuntina. De Monticelli, R. (2015). Al di qua del bene e del male. Per una teoria dei valori. Einaudi. Francesco, Papa (2023, 6 gennaio). Santa Messa nella solennità dell’Epifania del Signore. Omelia del Santo Padre Francesco. Husserl, E. (1939). Die Frage nach dem Ursprung der Geometrie als intentional-hi-storisches Problem, Mit einem Vorwort von Eugen Fink. Revue Internationale de Philosophie, 1, 2, 203-225. Husserl, E. (1983). La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. (E. Filippini, Ed.). Il Saggiatore. Husserl, E. (1994). Husserl an Walther, 2. Maihälfte 1920, Entwurf. In Husserl, E. Briefwechsel. (K. Schuhmann, Ed.) vol. II. Die Münchener Phänomenologen. Springer. Marchetto, M. (2021). La saggezza di Alce Nero, capo Sioux. Breve introduzione a un’antropologia della complessità. In Ceruti, M., Bellusci, M. Il secolo della fraternità. Una scommessa per la Cosmopolis (pp. 5-16). Castelvecchi. Marchetto, M. (2023). Il coraggio della domanda. La questione del senso e la Laudato si’. Castelvecchi. Pascal, B. (2000). Pensieri. (A. Bausola, Ed.). Bompiani. Revelli, M. (2020). Umano Inumano Postumano. Le sfide del presente. Einaudi.
Tags: Michele Marchetto
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Nuova data di consegna degli abstract: entro il 31 maggio 2023

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