Questo numero di Iusveducation si presenta con un profilo particolare: la prima parte è dedicata al tema del lutto, secondo un’articolazione interdisciplinare che integra prospettive filosofiche, psicologiche, psicoanalitiche ed educative che pongono interrogativi in merito alle angosce ancestrali dell’essere umano, mentre la seconda parte guarda al futuro attraverso dei contributi che riflettono sulle prospettive futurologiche con le annesse implicazioni tecnologiche che non ci lasciano privi di incognite o che forse non permettono non troppe rassicurazioni.
Sembra che le due sezioni del numero siano distanti tra loro ma hanno l’obiettivo di poter favorire delle riflessioni che permettano di provare a tenere assieme la complessità della realtà contemporanea declinandola tra interno ed esterno, tra passato, presente e futuro. Nel proporre il tema del lutto, come Redazione, ci siamo interrogati sul bisogno di fermarci a pensare, di recuperare un tempo che possa permettere di trovare una dimensione di senso per essere meno impreparati di fronte alle contemporaneità e ai drammi attuali che fanno eco a traumi soggettivi e privati.
Appena superata la crisi pandemica che ha messo in pausa e in crisi la vita di tutti noi, ci troviamo invasi da immagini di guerra e di conflitti politici che attivano fantasmi catastrofici, chissà se solo immaginari, relativi anche all’eventualità di una guerra nucleare. Questo scenario mondiale ci richiede di avere degli strumenti di comprensione e di digestione di una realtà sempre più perturbante che mette in campo l’elaborazione di continui lutti, che hanno a che fare non solo con aspetti concreti, ma anche con il tramontare dell’illusione di un mondo governato dalla pace e lontano dai temi della morte. A questo fine, non solo il soggetto ma il gruppo, inteso anche come società, ha la necessità di rimodellare il suo funzionamento per poter effettuare il lavoro del lutto poiché i traumi collettivi che stiamo vivendo innescano una oscillazione continua tra depressione melanconica e ricerca rabbiosa e rivendicativa di un capro espiatorio che potrebbe esitare in continue guerre violente. Giulia Rossetto ci racconta del pensiero psicoanalitico sulla guerra, arrivando a delineare in che modo l’elaborazione paranoica del lutto possa descriverne l’eziologia.
Ma per entrare nel vivo di questa sessione, faccio un brevissimo sunto di come è articolato il numero che si apre con il contributo di Francesco Bellusci che ci accompagna in un excursus magistrale che affronta filosoficamente il tema freudiano della natura del lutto tenendo una prospettiva fenomenologica ed esistenziale. Per transitare poi, grazie alla domanda di Penzo Doria “La vita aspira al senso?” ad un’indagine antropologica e antropoanalitica sulla natura dell’esistenza umana e la sua ricerca di senso e sull’impatto che l’iper-modernità ha sul desiderio umano. Infatti una riflessione più approfondita sul nostro tempo moderno sembra suggerire che la società stia trasmettendo alle nuove generazioni l’idea che il dolore non debba esistere e che non ci sia la necessità di potenziare le risorse emotive per affrontare tale vissuto: negando la morte viene precluso l’accesso all’esplorazione del dolore umano. Remo Straforini nel suo contributo ci aiuta a riflettere sul senso della sofferenza umana e Giuseppe Bon prende in esame alcune forme della sofferenza mettendo un accento particolare sul tema della terminalità della vita e sulla dimensione etica e bioetica delle pratiche di cura e di assistenza. In questo lavoro viene preso in esame il processo del morire, del congedo dalla vita, ossia di quel periodo che viene di solito denominato terminalità. La terminalità e il fine vita vengono anche narrate nell’articolo delle colleghe psicologhe del Servizio Pediatrico Regionale del Veneto di cure palliative. Il lavoro esplora il complesso processo di lutto che coinvolge le famiglie di bambini con malattie inguaribili, all’interno del contesto delle cure palliative pediatriche fino ad approdare con il contributo di Davide Vaccarin nel territorio delle esperienze di premorte (NDE).
Il numero si chiude con la conversazione di Arianna Novaga con Andres Serrano, artista americano, sulla serie fotografica The Morgue del 1992, scattata in un obitorio americano che apre interrogativi sulla raffigurabilità non solo concreta ma anche psichica della morte.
Per concludere, dico qualcosa di quello che sostengo nel mio contributo presente nel numero e cioè che abbiamo bisogno di un apparato psichico che sia in grado di svolgere il lavoro del lutto inteso come quell’attività che consente di dare significato alle vicende dell’esistenza, in particolare alle vicende connesse ai traumi, interni ed esterni che siano. È il lavoro del lutto, inteso come un processo psichico universale, fondamentale e intrinseco allo sviluppo che, permettendo di fare i conti con la realtà, produce l’elaborazione di rappresentazioni psichiche che consentono di far procedere oltre al trauma e di non restarvi ancorati per l’intera esistenza e per poter guardare al futuro.
Buona lettura.
prof.ssa Giovanna Borsetto
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